licenziamento

Il licenziamento per GMO e onere della prova

Il licenziamento

Il licenziamento spesso è formalmente giustificato da un motivo oggettivo (es. contrazione degli utili), mentre, in realtà, può essere unicamente determinato da un intento ritorsivo del datore di lavoro.

Sul punto, è da premettersi che, qualora il lavoratore deduca la nullità del licenziamento per il suo carattere ritorsivo, la verifica dei fatti allegati dal lavoratore richiede il previo accertamento della insussistenza della causale posta a fondamento del recesso, che risulti, quindi, solo allegata dal datore di lavoro.

Tanto, poiché la nullità per motivo illecito ex art. 1345 c.c. richiede che questo abbia carattere determinante e che tale motivo illecito posto a sostegno del licenziamento sia solo formale e apparente (cfr., Cass. Sez. Lavoro, n. 9468/19).

Onere della prova

Posta tale premessa in ordine all’onere della prova, è noto come la scelta di ridurre il personale impiegatizio aziendale attraverso la soppressione del posto di lavoro del lavoratore, con assegnazione delle relative mansioni ad altre unità, rientra nella scelta aziendale, insindacabile e garantita dall’art. 41 Cost., restando, però, rimessa al controllo giudiziale la verifica della veridicità del ridimensionamento e del nesso causale tra la ragione addotta a fondamento della soppressione del posto di lavoro e il dipendente licenziato e, quindi, sostanzialmente la non pretestuosità della scelta organizzativa.

In via generale, ai fini del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo riguardante la soppressione del posto di lavoro, ai sensi dell’art. 3 della L. n. 604 del 1966, è necessario:

  1. la soppressione del settore lavorativo o del reparto o del posto cui era addetto il dipendente;
  2. la riferibilità della soppressione a progetti o scelte datoriali diretti ad incidere sulla struttura e sull’organizzazione dell’impresa, ovvero sui suoi processi produttivi, compresi quelli finalizzati ad una migliore efficienza ovvero ad un incremento di redditività;
  3. l’impossibilità di reimpiego del lavoratore in mansioni diverse (c.d. repêchage), elemento che trova giustificazione sia nella tutela costituzionale del lavoro che nel carattere necessariamente effettivo e non pretestuoso della scelta datoriale, che non può essere condizionata da finalità espulsive legate alla persona del lavoratore.

Come detto, l’onere probatorio in ordine alla sussistenza dei richiamati presupposti è esclusivamente a carico del datore di lavoro, restando invece escluso che sul lavoratore debba incombere un onere di allegazione dei posti assegnabili (da ultimo, Cass. n. 24882 del 2018).

In altri termini, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve provarsi, per la legittimità del recesso, che le addotte ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro causalmente determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo derivante proprio dalla soppressione di un’individuata posizione lavorativa.

Qualora, però, il Giudice accerti in concreto l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva, il licenziamento sarà da considerarsi ingiustificato per la mancanza di veridicità o pretestuosità della causale addotta (Cass., n. 10699/2017). È quindi necessario che le ragioni inerenti all’attività produttiva e all’organizzazione del lavoro determinino un effettivo mutamento dell’assetto organizzativo attraverso la soppressione di un’individuata posizione lavorativa (Cass. n. 25201 del 2017).

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