assegno di mantenimento

L’assegno di mantenimento per i figli

I PRINCIPI DI DIRITTO E LA LORO APPLICAZIONE PRATICA

Per quanto attiene l’assegno di mantenimento per i figli, l’art. 316 bis c. 1 del codice civile, rubricato “concorso al mantenimento” prevede che, in relazione al mantenimento dei figli, i genitori devono provvedervi in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Parimenti l’art. 337 ter c. 4 c.c. dispone che ogni genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, così fissando il principio della proporzionalità. Sul punto, chiarisce la Suprema Corte di Cassazione: “Nel quantificare l’ammontare del contributo dovuto dal genitore non collocatario per il mantenimento del figlio, anche se maggiorenne e non autosufficiente, deve osservarsi il principio di proporzionalità, che, nei rapporti interni tra i genitori, richiede una valutazione comparata dei redditi di entrambi i genitori” (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 26.01.2024, n. 2536).

Un principio che la giurisprudenza di merito ha collegato direttamente all’art. 30 della Costituzione:

In tema di separazione e divorzio, sussiste l’obbligo di entrambi i genitori, che svolgano attività lavorativa produttiva di reddito, di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche, in diretta applicazione dell’art. 30 Cost.” (Tribunale di Rimini, Sez. Unica, sentenza del n. 756 del 18.11.2020).

Da detto principio ne è derivato quello direttamente consequenziale nella misura in cui il Giudice nomofilattico ha considerato legittima la richiesta di riduzione proporzionale dell’importo dell’assegno di mantenimento da parte del coniuge obbligato che abbia provato che il coniuge beneficiario abbia iniziato a svolgere una propria attività lavorativa, percependo un proprio reddito, ovvero dimostrando che il coniuge avente diritto ha trovato impiego, anche se “in nero” (Cass. n. 19042/2003).

Per non dire che la Suprema Corte ha anche precisato che: “La giurisprudenza è costante nel ritenere che anche il genitore disoccupato sia obbligato a mantenere i figli. La mera perdita del lavoro non costituisce oggettiva impossibilità di fare fronte alle obbligazioni economiche” (Cass. sent. n. 39411/17).  Inoltre, si impone di osservare che, in tema di applicazione dell’art. 337 ter, comma 4 c.c., il principio della proporzionalità deve essere valutato sia con riferimento ai redditi che alla rispettiva capacità di lavoro.

Sul punto, di recente, la giurisprudenza di merito ha chiarito che  “…..il parametro di riferimento, ai fini della corretta determinazione del rispettivo concorso negli oneri finanziari, è costituito, secondo il disposto dell’art. 148 c.c., non solo dalle “rispettive sostanze”, ma anche dalla rispettiva capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge, con espressa valorizzazione, oltre che delle risorse economiche individuali, anche delle accertate possibilità reddituali” (Tribunale di Ravenna sentenza n. 597del 07.09.2023).  

Infine, ma non da ultimo, è d’obbligo osservare che in tale materia, ove l’assegno di mantenimento sia stato parametrato in base alle notevoli capacità economiche dell’obbligato, tanto non vale ad esonerare da ogni contributo l’altro genitore, così che il genitore tenuto all’assegno ha il pieno diritto a chiederne la riduzione quando vi siano le condizioni per porre la differenza in capo all’altro genitore.

Infatti, se così non fosse non si capirebbe perché la Suprema Corte ha inteso chiarire: “Poiché, ai fini della determinazione del contributo al mantenimento della prole, ai sensi dell’art. 337-ter c.c., occorre, tra l’altro, considerare le risorse economiche di entrambi i genitori, deve essere accolta l’istanza di riduzione dell’assegno per il mantenimento della prole formulata dal padre che abbia subito una contrazione reddituale” (Cass. civ., Sez. I, Sentenza, 27/12/2011, n. 28870; Tribunale Monza, Sez. IV, 25.06.2020).

CONCLUSIONI

Si può, quindi, concludere assumendo che i provvedimenti relativi al mantenimento dei figli, risultano emessi sempre rebus sic stantibus, cioè in relazione ad un preciso quadro fattuale che, ove subisca delle modifiche per il sopraggiungere di nuove circostanze, offre la possibilità al soggetto obbligato di chiedere l’adeguamento del dovuto alla nuova situazione.

Tanto perchè, l’assegno di mantenimento per i figli non ha come ratio quello di gravare sul genitore che disponga di maggiori possibilità economiche, tenendo esente da ogni contributo l’altro genitore, bensì, in ossequio all’art. 30 Cost., ha come ratio quella di dar luogo, quanto più possibile, ad un equilibrio che, nel caso di specie, ove mai ci fosse stato, è risultato comunque alterato da circostanze sopravvenute (ex multis, Cass. 24.05.2022, n. 16725).

Un’ultima precisazione! E’ principio immanente e consolidato in giurisprudenza che l’assegno di mantenimento ha la funzione di garantire la copertura delle spese ordinarie (si veda, da ultimo, a mero titolo esemplificativo, Cass., sentenza n. 379 del 13.01.2021); come anche che in ordine alla  quantificazione dell’assegno di mantenimento per i figli minori, gli stessi hanno diritto ad essere mantenuti da entrambi i genitori in misura proporzionale alle loro sostanze e deve essergli garantito lo stesso tenore di vita che avevano durante la convivenza insieme a loro (Cass., 23.07.2020 n. 15774).

Avv. Lucio G. Longo

Torna in alto
Torna su