Diritto del Lavoro: quando è inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c.

Diritto del Lavoro: quando è inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c.

Diritto del Lavoro: quando è inammissibile il ricorso ex art. 700 c.p.c.

Bisogna, analizzare, attentamente due profili:

Primo profilo

E’ indubbio che sino alla novella del 2005, il ricorrente era tenuto ad indicare anche la causa petendi e il petitum (mediato e immediato) del successivo e necessario giudizio di merito; attualmente, atteso l’allentamento del vincolo di strumentalità tra il ricorso d’urgenza e l’azione di merito, si discute sulla necessità che il primo debba contenere in modo rigoroso gli estremi della seconda.

Sul punto, specie da ultimo, la giurisprudenza ha ritenuto inammissibili le istanze cautelari che non contengano una chiara e univoca precisazione del petitum e della causa petendi dell’azione di merito che potrà essere eventualmente instaurata (Trib. Latina, ord. 7503/2004, in www.judicium.it; Trib. Rovereto, 14 giugno 2004, in Giur. Mer., 2004, 2481; Trib. Milano, 7 giugno 2006, in Giur. Mer., 2006, 2691; Trib. Roma, 6 novembre 2006, in Riv. giur. lav., 2007, II, 507).

La giurisprudenza ha, infatti, chiarito che i provvedimenti di urgenza hanno natura strumentale e funzione cautelativa del tutto provvisoria, in quanto volti ad evitare che la futura pronunzia del Giudice possa restare pregiudicata nel tempo necessario per ottenerla.

Pertanto, nel ricorso devono indicarsi, a pena di nullità o inammissibilità del ricorso stesso, non soltanto la causa petendi ed il petitum mediato, bensì anche le specifiche conclusioni della causa di merito.

L’indicazione degli elementi costitutivi dell’instauranda azione di merito sono necessarie per:

a) verificare la competenza del Giudice adito in sede cautelare; b) per capire se il provvedimento cautelare richiesto sia effettivamente anticipatorio; c) per tutelare il soggetto destinatario passivo del provvedimento cautelare anticipatorio, il quale deve poter essere in grado di intraprendere il giudizio di merito attraverso il mero richiamo al provvedimento ed al ricorso cautelare, chiedendo il rigetto della domanda di controparte già virtualmente formulata nello stesso ricorso.

In caso di omissione o incompletezza degli elementi oggettivi di identificazione della domanda cautelare e della mancata indicazione della domanda di merito il ricorso cautelare deve ritenersi inammissibile ed insuscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 164 c.p.c. (Tribunale di Torino, Ordinanza 15.10.2018 – RG n. 20668/2018 Giudice Edoardo Di Capua; dello stesso tenore, Trib. Roma, 16.4.2020; Trib. Lodi, 23.8.2019).

Qualora, quindi, rispetto alla futura azione di merito, manchi ogni e qualsivoglia indicazione, al punto da non specificare in maniera chiara e univoca quale sarà il petitum, ma soprattutto la causa petendi dell’azione ed, ancor meno, le specifiche conclusioni della causa di merito, il ricorso è inammissibile.

Il secondo profilo

In materia di controversie di lavoro, la giurisprudenza di merito ha affrontato varie volte la vicenda in ipotesi di lavoratore licenziato o non assunto con conseguente perdita (o mancata acquisizione) della retribuzione, ritenendo che l’esistenza del periculum in mora debba essere accertata, caso per caso, in relazione all’effettiva situazione socio economica del “lavoratore”.

Il ricorrente è così tenuto ad allegare e provare circostanze, in ordine alla sua situazione familiare, alla necessità di affrontare spese indilazionabili, alla compromissione del suo equilibrio psico-fisico, dalle quali emerga un  pregiudizio irreparabile. Tale pregiudizio irreparabile deve essere verificato  dal Giudice con estrema severità nella misura in cui la tutela richiesta possa valere ad evitare un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile, non potendo il periculum in mora reputarsi esistente in re ipsa neppure nel fatto stesso della disoccupazione. Né può parlarsi di diritti costituzionali compressi, da momento che quelli reclamati con il 700 c.p.c. dal lavoratore licenziato o non assunto sono ancora più pregnanti (si pensi alla retribuzione) ma, purtuttavia, non bastano a giustificare il ricorso alla misura cautelare.

Avv. Lucio G. Longo

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