Liquidazione della società e cancellazione dal Registro delle Imprese: i creditori insoddisfatti

La liquidazione è la fase conclusiva della vita della società, durante la quale l’attività di quest’ultima è limitata al realizzo delle attività ed il pagamento delle passività. L’eventuale attivo che residua, dopo il compimento di queste operazioni, viene rimborsato ai soci, proporzionalmente al capitale a suo tempo conferito da ciascuno. 

La realizzazione dell’attivo, l’estinzione delle passività e l’eventuale ripartizione del residuo attivo tra i soci è compito dei liquidatori, che sono nominati nel momento in cui la società viene messa in liquidazione. 

Il ruolo del liquidatore

Il liquidatore deve convertire il residuo patrimoniale attivo della società in denaro per il soddisfacimento, in via primaria, dei creditori e in via secondaria dei diritti dei soci (rimborso della propria quota ed eventuale ripartizione dell’attivo residuo). 

I liquidatori devono esercitare le proprie funzioni con diligenza qualificata e sono responsabili per i danni eventualmente cagionati ai soci, alla società, ai creditori, qualora siano inadempienti rispetto agli obblighi previsti dall’art. 2491 c.c. La fase di liquidazione della società è caratterizzata dalla redazione di specifici bilanci, che devono essere predisposti dai liquidatori nei termini e secondo le modalità previste dalla legge. 

Una volta approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal Registro delle Imprese, e la società, a questo punto, è estinta.

Successivamente all’approvazione del bilancio finale i liquidatori devono proporre istanza di cancellazione della società al Registro delle Imprese (art. 2495 c.c.). La norma  non specifica il termine entro il quale i liquidatori debbano compiere tale adempimento. Tuttavia, dato che sui liquidatori incombe un dovere di diligenza e professionalità (qualificata), si ritiene che i liquidatori debbano presentare la domanda di cancellazione entro il tempo strettamente necessario alla predisposizione di tale istanza.

Ai sensi dell’art. 2495 secondo comma c.c., la cancellazione ha efficacia costitutiva. Pertanto, la cancellazione della società è condizione necessaria e sufficiente per la sua estinzione, indipendentemente dal fatto che non siano stati definiti tutti i rapporti pendenti che coinvolgevano la società medesima, fatta salva:

– la possibilità che la società venga dichiarata fallita entro un anno dalla cancellazione (10 della L.F.);

– la possibilità di contestare alla società debiti di natura tributaria entro 5 anni dalla cancellazione, ai sensi dell’ 28, 4° comma, D.lgs. n. 175/2014

Si tratta di due ipotesi nelle quali il legislatore, operando una fictio iuris, considera la società come ancora esistente, al solo scopo di evitare la disgregazione del patrimonio a garanzia dei creditori concorsuali e del fisco.

Ma cosa succede ai creditori insoddisfatti?

Ai sensi dell’art. 2495 c.c., modificato dalla riforma delle società del 2013 e successivamente interpretato dalla giurisprudenza, con l’iscrizione nel Registro delle Imprese della cancellazione della società quest’ultima si estingue. 

Ai sensi dell’’art. 2495 comma 2 c.c., i creditori sociali insoddisfatti, nonostante l’estinzione del soggetto giuridico loro debitore, possono azionare le proprie pretese nei confronti degli ex soci, qualora essi abbiano percepito importi in base al bilancio finale di liquidazione e nei limiti di quanto percepito, oppure dei liquidatori, qualora il mancato pagamento dei creditori sociali sia stato dovuto a loro dolo o colpa. 

Nonostante l’estinzione della società, possono verificarsi casi nei quali residuino degli elementi patrimoniali attivi, o passivi, preesistenti all’estinzione, oppure sopravvenuti alla stessa. Per i debiti tributari vige una specifica disciplina, che consente all’A.F. di contestare alla società tali debiti entro 5 anni dalla cancellazione.

Avv. Lucio G. Longo.

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