Licenziamento nel periodo di prova

Il licenziamento a seguito del periodo di prova

L’illegittimità del licenziamento per inesistenza, nullità e/o invalidità del patto di prova

Può accadere che il lavoratore venga licenziato “per non aver ritenuto superato positivamente il periodo di prova”. Tale patto di prova, però, è da considerarsi affetto da nullità insanabile, qualora sia intervenuto in epoca successiva all’inizio del rapporto lavorativo. In questo caso il lavoratore potrà impugnare il licenziamento.

Sul punto, la Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n. 21758/2010, ha solennemente statuito che, per effetto dell’art. 2096 c.c., è nullo il patto di prova contenuto nella lettera di assunzione che è stato fatto sottoscrivere dal lavoratore dopo l’inizio dello svolgimento del rapporto di lavoro.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la forma scritta necessaria, a norma dell’art. 2096 c.c., per il patto di prova è richiesta ad substantiam, e tale essenziale requisito di forma, la cui mancanza comporta la nullità assoluta del patto, deve sussistere prima dell’inizio dell’attività lavorativa.

Trattasi di un orientamento granitico, applicato anche di recente dalla giurisprudenza di merito. A riguardo, infatti, il Tribunale di Parma, con sentenza n. 200 del 02.01.2023, ha ribadito che: “In tema di patto di prova, affinché sia osservato il requisito di forma scritta richiesto dalla legge, è necessario che il documento scritto sia stato sottoscritto prima dell’inizio effettivo del rapporto lavorativo, realizzandosi, in difetto, un’inammissibile convalida di un atto nullo

ed ancora: “Pertanto, la sottoscrizione del patto di prova in un momento successivo rispetto all’assunzione effettiva non soddisfa il requisito formale prescritto dall’art. 2096 cod. civ. conseguendone che esso è privo di validità ed il rapporto di lavoro è soggetto alle normali regole in tema di licenziamento. In tale ipotesi, l’eventuale recesso esercitato da parte del datore di lavoro non è, perciò, soggetto alla speciale disciplina delineata dall’art. 2096, comma 3, cod. civ., ma alla regola generale di cui all’art. 1 della legge n. 604/1966, secondo cui il licenziamento può avvenire solo per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 cod. civ. o per giustificato motivo, soggettivo od oggettivo, ai sensi dell’art. 3 della citata legge”.

Un principio di diritto applicato anche dal Tribunale Roma, Sez. Lavoro, con la recentissima sentenza n. 5561 del 30.05.2023: “Il patto di prova apposto dopo che il rapporto di lavoro sia già iniziato è nullo, sicché il licenziamento intimato per mancato superamento della prova è illegittimo, rientrando tale ipotesi nella manifesta insussistenza del fatto posto a base del recesso”.

Il patto di prova è, altresì, nullo qualora non sia accompagnato dalla descrizione chiara e specifica delle mansioni che il lavoratore avrebbe dovuto svolgere.

Sul punto, la Suprema Corte, con ordinanza n. 27785/2021, ha ribadito l’obbligo di specificare all’interno del patto di prova le mansioni cui sarà adibito il lavoratore, pena l’invalidità del patto di prova stesso. Le mansioni del dipendente, infatti, devono essere indicate con precisione nella lettera di assunzione o nel contratto di lavoro.

Questo perché, se da un lato è vero che il datore è libero di valutare come negativa la prova offerta dal dipendente e così licenziarlo, dall’altro lato è anche necessario che tale valutazione sia effettuata su mansioni specifiche e predefinite. Il lavoratore deve, quindi, essere in grado di sapere su che cosa verrà messo alla prova proprio per dare un saggio delle proprie capacità.

Trattasi di un orientamento granitico, costantemente applicato anche dalla giurisprudenza di merito, tra cui il Tribunale Milano che, con sentenza del 20.12.2007, ha così statuito: “Il patto di prova è nullo in caso di mancata indicazione delle specifiche mansioni alle quali verrà adibito il lavoratore durante il periodo di prova. Il requisito della specificità non è soddisfatto né dalla presenza di una generica espressione, alla quale non sia possibile attribuire alcun significato, se non quello dell’individuazione del reparto presso cui sarà adibito il lavoratore, né dal richiamo al livello ed alla qualifica previste dalla contrattazione collettiva, qualora il livello e la qualifica contengano vari profili professionali. Conseguenza della nullità è la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato”.

Alla luce di tanto non può che concludersi come sia il patto di prova contenuto nella lettera di assunzione che quello contenuto nella lettera di impegno di assunzione siano affetti da nullità insanabile.

Naturali conseguenze della nullità del patto di prova sono l’illegittimità del licenziamento intimato durante il periodo di prova, nonché l’automatica conversione, ab origine, del rapporto di lavoro in un rapporto a tempo indeterminato.

Avv. Cosimo Montinaro

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